«Febbraio è un mese di languori,
il cuore del mondo è greve, ignaro ancora dell’inquieto aprile e del vigoroso
maggio» (William Somerset Maugham, La signora Craddock, 1902)
Ci sono stati due-tre giorni di
sole primaverile, una luce che rendeva fortemente il senso del termine “trionfo”.
Per il resto (a Napoli) grigio, pioggia, vento. E (a Reggio) uno sciame sismico
che bene al cuore non fa.
L’Italia immersa in problemi
abissali.
E due fenomeni che, nella
quotidianità, vedo sempre più intrecciati: la scarsa capacità di lavorare,
ovvero il lavorare senza saper lavorare e una maleducazione crescente. Mi
chiedo se la risposta possibile sia una sorta di rabbia quieta.
All’inizio del mese, mentre
risalivo, a Nisida, l’ultima curva prima delle scale che portano a scuola – un cielo
di smalto azzurro e un’aria cristallina – due
gabbiani enormi, si allontanavano, gonfi e fieri, a passi lenti prima si
spiccare il volo, goffo all’inizio, poi sicuro. Lasciando, davanti al grande
aquilone, a terra, brandelli insanguinati di piccione.
Fino
a qualche anno fa, i gabbiani erano un’immagine poetica: planavano tra il mare
e la terra, voli armoniosi, bellezza in movimento. Ora, sono sempre di più,
sempre più grassi e sempre più inquietanti.
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