Ho raccolto
delle more. Fuori tempo, mature e succose.
Ho visto,
dall’Etna, stendersi nel cielo, in orizzontale per tutta la lunghezza della
costa siciliana, un magico nastro rosso.
Ho
attraversato strade con la spazzatura che impedisce non solo il passaggio ai
pedoni ma rende difficile la guida (forse per questo, da queste parti, ci
stanno tanti fuoristrada).
Ho sentito la
gente lamentarsi della Tares fuori misura, soprattutto considerata
l’inefficienza dei servizi.
Ho rivisto i
Bronzi finalmente a casa.
Non sono
andata al Cilea riaperto (ma si
può anche pensare ad usare con tanta enfasi tal verbo?) giusto per una sera.
Ho raccolto
splendide conchiglie su belle spiagge intristite da ristagni maleodoranti.
Ho incontrato
persone belle che, in altri luoghi, avrebbero, forse, ruoli sociali più
aderenti alle loro competenze.
I dati
confermano che la qualità della vita, in Calabria, è la peggiore di tutte in
Italia. Magari, in relazione agli indicatori prescelti, si cambia provincia,
una volta si dice Reggio, un’altra Crotone, ma sulla regione sono tutti
d’accordo.
Poiché, per tali dati, non vale la frase evangelica “gli ultimi saranno i primi”, questa, per chi la Calabria la ama, è una buona sfida per il 2014.
Pubblicato su Zoomsud http://www.zoomsud.it/index.php/commenti/61876-appunti-di-vacanza-reggina-di-fine-anno.html
Più di uno mi
ha chiesto: “E, allora che ne dici dei Bronzi al Museo?”.
Certe
emozioni possono essere meglio espresse in un triangolo ideale fatto di
silenzio, luce dello sguardo e un rigo appena, che sia un tweet o un verso. Ma
proverò ugualmente a mettere qualche rigo dietro l’altro.
Il mio
sentimento è molto vicino a due esperienze molto comuni.
La prima è
quella del ritorno a casa, finalmente, del familiare amato che ha passato un
lungo periodo in ospedale e che, ad un certo punto, già disperavi potesse mai
rivarcare la soglia della sua stanza. Una sorta di letizia che ti formicola per
ogni dove e vorresti ringraziare tutti, dal primario alla caposala, e ti viene
da sorridere anche al vicino antipatico e a rispondere cortesemente
all’ennesima telefonata di chi ti vuol vendere chissà chi. Insomma: gioia pura.
Ma gioia che sa di convalescenza. Perché, finché tutte le sale non saranno di
nuovo piene, finché il museo non tornerà tutto vivo, ti sembrerà di stare
sempre sul chi va là.
La seconda è
quella dei corredi inutilizzati. Quante case calabresi hanno armadi e
cassettoni zeppi di (ingiallite) lenzuola e tovaglie dai meravigliosi ricami
che furono approntati per il matrimonio della nonna della nonna e poi sono
passati di figlia in figlia e mai messi in uso perché “sono troppo belli… e se
poi si sciupano… e chi li stira…”. Insomma: abbiamo avuto un regalo. Prezioso.
Non lo possiamo fare ammuffire.
Che cosa
dovessero rappresentare, dovunque dovessero andare (e ben vengano studi e
approfondimenti), il fatto è che sono arrivati a noi. “Egli verrà dal mare e
sarà bello come un dio”, diceva Euripide nella Medea. “Essi sono venuti dal
mare e sono belli come dei”, potrebbe scrivere oggi dei Bronzi nella loro nuova
sala, sui loro basamenti così semplici così tecnologici.
Ma è un
regalo che, insieme a tutto il passato contenuto nel Museo, insieme a tutte le
ricchezze archeologiche del nostro territorio, dobbiamo – finalmente – saper fruttare.
Per l’oggi e per il domani. Altrimenti, i
Guerrieri – che sembrano lì pronti a difendere Reggio contro ogni nemico –
scenderanno dai loro piedistalli e rivolgeranno tutta la loro forza contro di
noi.
Pubblicato su Zoomsud http://www.zoomsud.it/index.php/commenti/61708-i-difensori-della-citta-che-potrebbero-farci-la-guerra.html
Trentanni fa
e passa, sui treni che scendevano in Calabria, in quei primi giorni d’inverno
carichi d’attesa natalizia, c’erano un bel po’ di anziani signori con i
pantaloni quadrettati e, magari, un anello con pietra al dito, con mogli dalle
caviglie ingrossate e, al collo, una catenina piuttosto massiccia. Emigrati in
America, in Canada, arrivati a Roma in aereo e che proseguivano verso sud
riempiendo il treno di valigie che, si immaginava, carichi di meraviglia per i
parenti.
Ventanni fa e
passa, c’erano famigliole, torinesi di domicilio ma di ancora indimenticati
accenti aspromontani, con figli piccoli che continuavano a chiedere: “La
prossima è la stazione nostra?” e i genitori a zittirli riempiendogli la bocca
di cibarie.
Da qualche
anno, appena il treno lascia la Campania ed entra in Lucania, l’aria di
Calabria si diffonde, immediata, attraverso i cellulari.
Ed è,
soprattutto, una frase che si ripete: “Papà, siamo a venti minuti dalla
stazione… Papà siamo un po’ in ritardo, non uscire ancora… Sì, papà ci vediamo
tra poco…”. E’ la festa – voluta? dovuta? – del momentaneo ritorno a casa delle
centinaia di studentesse che frequentano una qualche università del Centro-Nord
e delle decine di donne che, sono riuscite, in qualche modo, a trovare lavoro.
Qualcuna con a lato un marito, un fidanzato, un compagno, molte sole.
Te le immagini
libere più di ogni loro ava, passata e recente, determinate a non
arrendersi rispetto ai loro sogni, forti oltre ogni fragilità. E sembra di
cogliere che, in fondo, quel padre e quella madre che, al momento scompare
perché nella circostanza sarà il padre a guidare la macchina dalla stazione a
casa, ne sorreggano lo sforzo.
Sarà perché
quella telefonata: “Papà, siamo arrivati a Paola… siamo in orario… quindi…” non
mi appartiene (prima per mancanza del cellulare poi perché il tempo si porta
via le persone), ma quelle due sillabe, pronunciate, qui, sul treno del
ritorno, in decine di vibrazioni, sono la cantata più intima del mio Natale.
Tanti auguri,
Calabria. A chi c’è sempre. A chi non può o non vuole esserci. E a chi, ogni
volta, ritorna.
Pubblicato su Zoomsud http://www.zoomsud.it/index.php/commenti/61619-le-ragazze-dei-treni-del-ritorno.html
Di tutti i presepi che ho visto quest'anno, questo - della parrocchia di Pellaro - è quello che mi ha emozionato di più: un pezzo di barca stravecchio con dentro la natività e, intorno, i segni dell'approdo sulle nostre spiagge dei profughi. Bibbia e storia a ricordare che siamo tutti "stranieri" in cerca di patria.
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