Italiaventinove recita(va)
il sottotitolo della Leopolda n.10.
Che cosa
ricorderò io, tra dieci anni, di questi giorni?
Possibilità
n.1: Come giorni particolari, appassionati
e non privi di disagi: file di ore e ore accoccolata in posizioni non del tutto
adatte alla mia età, con alzate all’alba, pranzi e cene ad orari per me
improbabili. Sempre in mezzo a migliaia di persone, dalla stessa lingua, ma
declinata nel ritmo dei più diversi dialetti italiani. E con la grazia,
supplementare, d’aver trascorso, prima e dopo, altro tempo (tra cui un giorno
intero ai già tante volte visitati Uffizi) nella più bella città del mondo.
Possibilità
n.2: Come sopra, ma con l’orgoglio di poter dire: Io c’ero, quand’è nato – finalmente
– il partito riformista, liberale e
democratico, che in Italia mancava e che, poi, ha avuto un così importante ruolo
nell’affermarsi di un’Italia migliore.
Il
rischio che la risposta sia la prima, colorata con il sospiro che accompagna le
illusioni finite, fa parte del realismo della ragione. La fiducia che, invece,
possa essere la seconda sta nel sentimento collettivo – l’energia di futuro – che dava alle migliaia della Leopolda
spessore di popolo: piccolo, ma popolo.
Tra
dieci anni, ricorderò che alla Leopolda c’erano quelli (magari, non tutti
sinceri: capita in tutti i gruppi, ma la gran parte sì) che sentivano il
bisogno di un partito nuovo come l’aria e il pane. E che, poi,
nel tempo, a quelli si sono aggiunti tanti altri che, superando magari il
fastidio di una politica spenta e rissosa, hanno scoperto d’avere il sogno di
un’Italia capace di rinnovarsi grazie ad un riformismo competente e adeguato
alle sfide dei tempi.
Questo
tra dieci anni. Per ora ci sono un leader, molto amato e molto odiato, non
privo di difetti (meno e meno gravi di quelli che gli rimproverano) né di virtù
(maggiori e più forti di quelle che gli si riconoscono) e un piccolo popolo.
La sfida
che vinca l’ipotesi n.2 è tutta da percorrere e tutta in salita. Mi piace.
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