Il sacrario di Redipuglia: il dolore per i morti come monito contro la guerra |
Sull’aereo di ritorno da Seoul e
nell’omelia pronunciata sul sagrato di Redipuglia – in una messa commemorativa
dei 100 anni della 1 guerra mondiale – papa Francesco ha espresso la
convinzione che, nel mondo, oggi, si sta combattendo una terza guerra mondiale,
a pezzi, con crimini, massacri e distruzioni.
L’orrore parigino di questi
giorni dovrebbe far cogliere, anche a chi non si accorge dei massacri siriani o
delle tragedie di Nairobi, che è effettivamente così.
La guerra coglie di sorpresa
quella parte dell’Europa – di cui noi facciamo parte anche per Costituzione –
che ripudia non solo la guerra sul
campo, ma anche l’idea stessa che una guerra possa ancora avvenire ed essere
combattuta (e si esprime anche in un pacifismo spesso intermittente e condanna
come folle ogni progetto di difesa militare).
Il punto è che, adesso (da molti
anni, ma adesso dovrebbe essere chiaro a tutti), in guerra ci siamo.
E, allora, che facciamo?
Fingiamo che non è vero? Ci diamo
tutte le colpe possibili e immaginabili (ne abbiamo e tantissime), ma
rinunciamo a vedere quelle degli altri (dopo che, in altre epoche, le colpe
erano sempre degli altri e mai nostre, negli ultimi decenni gli europei tendono
soprattutto a flagellarsi, o a flagellare solo i propri avi)? Continuiamo a
pensare che chi, come Benedetto XVI, chiedeva con mite forza che l’islamismo
(tutto) accettasse il confronto con la Ragione, fosse un reazionario
particolarmente retrogrado? Decidiamo che l’Europa, oltre ad occuparsi dello
spread o delle questioni del debito, debba provare a recuperare il senso alto
di se stessa, il sapere e la bellezza di cui, insieme a tanti orrori, si è
nutrita e ha nutrito il mondo? Proviamo a evitare la tragedia che, a furia di
nasconderci la gravità dell’attuale contesto mondiale, alla fine potremmo (dovere
o essere costretti dagli eventi o essere condotti da governi eletti sulla scia
dei vari orrori a) reagire secondo modalità che non vogliamo più? Troviamo la
forza, la dignità, l’orgoglio di rispondere alla violenza e ai massacri non
dimenticando il meglio che la nostra cultura ha prodotto in un bel numero di
secoli?
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