domenica 2 settembre 2012

La sulla e le donne di Calabria



Non che avessi grande compagnia – ero troppo piccola per le grandi e troppo grande per i piccoli – ma mi piacevano quei pomeriggi di domenica quando le madri ci portavano fin sulle spianate alte dei campi a raccogliere erbe selvatiche che, nel corso della settimana, diventavano minestre, risotti e frittelle.

Tutto era quieto, luminoso. La mente poteva vagare all’infinito, immaginare mondi lontani nel tempo e nello spazio; profumi, colori, chiacchiere erano frammenti d’oro intorno a cui imbastire in silenzio storie da raccontarsi.
 
Quel pomeriggio, la sulla oscillava lieve al tiepido venticello di primavera. Quel porpora – che sembrava mescolare in stupefatto equilibrio rosso, amaranto e viola – riempiva ‘u chianu d’un’allegria accesa di papaveri, margherite bianche e gialle e fiori di cui mai avrei saputo il nome italiano.
 
Nei pressi di un dirupo, le voci delle madri si fecero più basse e cupe: malriuscito tentativo di parlottare senza farsi sentire dai bambini. Parlavano d’un (recente?) omicidio, di un uomo che aveva lì aveva ucciso e sepolto la moglie. I colori intorno mi divennero opachi e un’opprimente inquietudine mi rallentò il respiro. Avrei capito dopo anni che m’aveva scosso, insieme o forse più del fatto in sé, il tono assurdo di quei sussurri: che mettevano sullo stesso piano, come effetto in fondo naturale di una specifica causa, il gesto atroce dell’uomo e il tradimento della moglie.
 
Era, penso, la prima volta che sentivo parlare di ‘i mali fimmini, una categoria di donne con varie e diverse sottospecie, che non rientravano mai nei discorsi di comune quotidianità e di cui, infatti, avrei appreso solo col tempo.
 
Fino ad allora, avevo sentito dire solo di due generi di donne: le curespine e le scamardate.
 
Le seconde erano le pigre, massaie da niente, inesperte in ogni attività tradizionalmente casalinga e femminile, per non dire di totale incapacità in tutto ciò che riguardava la semina e la raccolta in un orto o l’allevamento degli animali domestici. Quando la trascuratezza nel lavoro domestico era anche sciatteria della persona e trascuranza delle relazioni parentali-amicali, allora il termine diventava più pesante: per esempio, sciondulara.
 
Le prime erano le donne virtuose: assennate e prudenti, di animo vigoroso e parole sagge, buone governanti della casa, ottime cuoche, capaci di lavorare nei campi ma anche di ricamare, filare la lana, cucire un orlo: le depositarie di virtù domestiche “allargate”, e considerate al massimo quando si univano a modi da signora “valente”, che obbligava gli altri ad un rispetto sincero e devoto.
 
Curespine e scamardate. Quanto bastava per apprendere, nei suoni di un dialetto che sapeva di greco, che le donne (come gli uomini) non sono tutte uguali.
 
Pubblicato su Zoomsud http://www.zoomsud.it/commenti/38648-la-sulla-le-curespine-e-le-scamardate.html con il titolo La sulla, le curespine e le scamardate
 
 
Nota a margine: Il rosso-sulla è il colore dominante di La collina nel vento di Carmine Abate, che ha appena vinto il Campiello cfr Zoomsud http://www.zoomsud.it/commenti/38775-il-calabrese-carmine-abate-vince-la-50edizione-del-campiello.html
 

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