Ho
da pochi giorni iniziato un progetto (termine usato qui in maniera generica non
nel burocratese scolastico), a cui, con diverse approssimazioni, penso da
almeno un quarto di secolo.
Passo
la mattinata, in classe, a far cogliere, ai ragazzi, come basta, talvolta, un “oh”
, uno solo, a raccontare un intero mondo di emozioni.
Di
pomeriggio, vado in una libreria,
anzi nella libreria più importante
della città. C’è la presentazione di un libro che – uscito da una ventina di
giorni, avendo goduto dell’attenzione di uno la cui opinione è tenuta da conto
da amici e nemici – è al centro di paginate pressoché entusiaste.
Sono
disposta a farmi coinvolgere nello stupore condiviso del: oh, che bel libro, che
libro nuovo, ecc. ecc. Ma la presentazione mi scorre addosso. Non che sia
noiosa, è che proprio mi manca l’aria. Non ce la faccio più a reggere questa caterva
di testi che, comunque ci girino intorno, sono monotematici.
In
mancanza di capolavori – che in un secolo si contano sulle dita, mica ne
possono uscire venti, trenta al giorno – mi basterebbero storie belle: fresche
e vivaci: boccate d’aria buona.
E’
una fortuna che la Bbc continui a sceneggiare libri di tal fatta e una fortuna
ancora maggiore che ci sia gente che li sottotitoli in italiano. Che bello
ritrovare, di tanto in tanto, la compagnia di storie che con garbo,
discrezione, intelligenza e sensibilità, sorreggono la fatica dei giorni.
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