Tra i due torrenti Filici, all’inizio di Occhio, percorrendo
la Statale 106 da Pellaro verso Reggio, nel 1975, scavando le fondamenta per
costruire una casa, si scoprì una tomba a camera, con iscrizioni a caratteri
greci, con il nome del padrone, dello schiavo e dell’autore dell’incisione. Fu
l’inizio di alcune campagne di scavo, tutte condotte da Rossella Agostino, che hanno portato al
rinvenimento di ambienti databili al II e III secolo a. C., riconducibili
probabilmente ad una necropoli arcaica – il che direbbe che l’abitato costruito
dai primi colonizzatori di questa parte della Magna Grecia doveva essere
collocato più a nord, nell’attuale Mortara – nonché anfore di tipo
protocorinzie e pitecusano, un gioiello di fattura egizia e una fornace a
pianta circolare (è risaputo che Pellaro, in epoca romana, ha prodotto molti
oggetti in ceramica, dalle anfore alle lucerne).
Dice Leonida Repaci ne I fratelli Rupe : “La storia in
Calabria si è tradotta in silenzio (…). Non affiorano, da quel silenzio, le
rovine illustri della storia. In nessun luogo, come in Calabria, i monumenti
delle antiche età, delle antiche civiltà, han trovato un più distaccato
scenario per affermare la loro superfluità, la loro vanità; in nessun luogo
come in Calabria han tradotto in cosmica indifferenza il bisogno di immortalità
degli uomini. La Via dei Sepolcri non termina con le immortali vestigia di
Pesto. Essa séguita per tutto il litorale bruzio dei due mari, parlando
all’anima attonita delle supreme testimonianze lasciate dagli uomini nel loro
frettoloso passaggio. Séguita ma quanto diversa. La terra, o copre col suo
corpo le mura, le colonne, i templi, le necropoli, sì che su loro bruca la
pecora, o i pochi avanzi che, come le alberature di una nave, ancora accennano
dal naufragio verde, essa guarda con occhio fatale e ammonitore. Qualche
tempietto, qualche statua mutilata, qualche tomba, qualche tavoletta votiva,
qualche colonna, qualche medaglia; ecco quel che rimane per la fame degli
storici e per la curiosità della gente. Nulla di magnifico, di vistoso, che
mandi in visibilio il turista nostrale o forestiero, abbagliato dalle splendide
rovine di Pesto, di Siracusa, di Agrigento. Per chi non sa, la Calabria pare
senza storia. Ma, per chi sa, quale malinconia. Resta la Storia come un Genio
nascosto nell’aria che si respira, smorza la nostra furia di vita con lo
struggente ricordo della vita che fu”.
Ce ne
sono tante, in Calabria, scoperte casuali, come quella del sito archeologico di
San Leo: tracce di un passato che ha disseminato – parebbe inutilmente – il
nostro territorio di piccoli, grandi tesori, che potrebbero essere anche
ricchezza del presente.
Che questo piccolo spazio, di grande suggestione incastrato
tra palazzotti moderni, i resti delle campagna e la vicina spiaggia – un
gioiellino – sia stato oggi restituito alla città, con l’inaugurazione
ufficiale cui ha preso parte anche il sindaco Arena è un bel segno. Se si
riuscirà a non farle restare pietre che raccontano solo al vento la storia,
sarà un gran bel segno.
Pubblicato su Zoomsud http://www.zoomsud.it/commenti/33919-san-leo-rc-quando-la-storia-ritrova-voce.html
San Leo (RC): quando la storia ritrova la voce
Su Zoomsud è stato anche pubblicato http://www.zoomsud.it/commenti/33990-pari-bruttu-terremoti-ed-educazione-sentimentale.html
Pari bruttu, Terremoti ed educazione sentimentale
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