giovedì 31 maggio 2012

Pietre e parole di Calabria


Tra i due torrenti Filici, all’inizio di Occhio, percorrendo la Statale 106 da Pellaro verso Reggio, nel 1975, scavando le fondamenta per costruire una casa, si scoprì una tomba a camera, con iscrizioni a caratteri greci, con il nome del padrone, dello schiavo e dell’autore dell’incisione. Fu l’inizio di alcune campagne di scavo, tutte condotte da Rossella Agostino, che hanno portato al rinvenimento di ambienti databili al II e III secolo a. C., riconducibili probabilmente ad una necropoli arcaica – il che direbbe che l’abitato costruito dai primi colonizzatori di questa parte della Magna Grecia doveva essere collocato più a nord, nell’attuale Mortara – nonché anfore di tipo protocorinzie e pitecusano, un gioiello di fattura egizia e una fornace a pianta circolare (è risaputo che Pellaro, in epoca romana, ha prodotto molti oggetti in ceramica, dalle anfore alle lucerne).

 
Dice Leonida Repaci ne I fratelli Rupe : “La storia in Calabria si è tradotta in silenzio (…). Non affiorano, da quel silenzio, le rovine illustri della storia. In nessun luogo, come in Calabria, i monumenti delle antiche età, delle antiche civiltà, han trovato un più distaccato scenario per affermare la loro superfluità, la loro vanità; in nessun luogo come in Calabria han tradotto in cosmica indifferenza il bisogno di immortalità degli uomini. La Via dei Sepolcri non termina con le immortali vestigia di Pesto. Essa séguita per tutto il litorale bruzio dei due mari, parlando all’anima attonita delle supreme testimonianze lasciate dagli uomini nel loro frettoloso passaggio. Séguita ma quanto diversa. La terra, o copre col suo corpo le mura, le colonne, i templi, le necropoli, sì che su loro bruca la pecora, o i pochi avanzi che, come le alberature di una nave, ancora accennano dal naufragio verde, essa guarda con occhio fatale e ammonitore. Qualche tempietto, qualche statua mutilata, qualche tomba, qualche tavoletta votiva, qualche colonna, qualche medaglia; ecco quel che rimane per la fame degli storici e per la curiosità della gente. Nulla di magnifico, di vistoso, che mandi in visibilio il turista nostrale o forestiero, abbagliato dalle splendide rovine di Pesto, di Siracusa, di Agrigento. Per chi non sa, la Calabria pare senza storia. Ma, per chi sa, quale malinconia. Resta la Storia come un Genio nascosto nell’aria che si respira, smorza la nostra furia di vita con lo struggente ricordo della vita che fu”.
Ce ne sono tante, in Calabria, scoperte casuali, come quella del sito archeologico di San Leo: tracce di un passato che ha disseminato – parebbe inutilmente – il nostro territorio di piccoli, grandi tesori, che potrebbero essere anche ricchezza del presente.
Che questo piccolo spazio, di grande suggestione incastrato tra palazzotti moderni, i resti delle campagna e la vicina spiaggia – un gioiellino – sia stato oggi restituito alla città, con l’inaugurazione ufficiale cui ha preso parte anche il sindaco Arena è un bel segno. Se si riuscirà a non farle restare pietre che raccontano solo al vento la storia, sarà un gran bel segno.


Pubblicato su Zoomsud http://www.zoomsud.it/commenti/33919-san-leo-rc-quando-la-storia-ritrova-voce.html San Leo (RC): quando la storia ritrova la voce
Su Zoomsud è stato anche pubblicato http://www.zoomsud.it/commenti/33990-pari-bruttu-terremoti-ed-educazione-sentimentale.html Pari bruttu, Terremoti ed educazione sentimentale

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