sabato 28 maggio 2022

Maria. Cronaca di una vita di Ulas Samchuk

 


“Ancora nella mia piena maturità l’Ucraina non esisteva nelle carte geografiche come identità politica; nel tracciare il percorso di Europa ritrovata essa, con Leopoli e Odessa, ne è divenuta il centro; ora occupa tutto lo spazio che rimane del dolore di essere uomini”.  Carlo Ossola, prefazione di Maria – Cronaca di una vita

 


“Sui campi erano stese tante file di covoni pieni di grano. Era la terra d’oro, la terra del pane e del lavoro. Il sole la amava, la proteggeva e la accarezzava. Il mondo era dorato di sole e blu celeste…”

Per 173 pagine Maria - Cronaca di una vita di Ulas Samckuk, pubblicato nel 1934 e appena edito, in Italia, da Clichy (a cura di Carlo Ossola; traduzione di Mariia Semegen) è il racconto, delizioso – lieve anche quando gli accadimenti sono drammatici – delle molteplici vicende di una bambina-ragazza-donna e dei suoi due mariti, nella campagna ucraina ricca di alberi, di frutta, e, soprattutto, di spighe: “I campi pieni di grano s’inchinavano come dei monaci nella preghiera”. Le vicende della storia ufficiale, come il potere degli zar o la rivoluzione del 1905, arrivano a toccare anche pesantemente la vita dei nostri personaggi, ma non mutano una quotidianità fatta di semina e raccolta, con i granai che si riempiono “di frumento, orzo, avena e segale” e di campane che richiamano ai riti religiosi e alla preghiera.

Da pag. 175 alla conclusione (pag.226) con la vittoria della rivoluzione bolscevica e collettivizzazione forzata delle campagne, il racconto si fa, prima, più duro – “Allora Satana nelle sue botteghe infernali iniziò a forgiare la sua nuova invenzione diabolica. Sul telo della sua bandiera scrisse: NEP, l’URSS” – e, poi, straziante.

Ulas Samckuk, considerato uno dei più grandi autori ucraini del Novecento, vi narra, praticamente in contemporanea, la tragedia dell’Holodomor, il genocidio per fame del popolo ucraino determinato dalla politica staliniana (1932-33) con una vivezza che rende le pagine, pur nel suo andamento che continuerei a definire “delizioso”, sempre più difficili da leggere perché il cuore si stringe e gli occhi si velano: “Il sole tramontò, le tenebre coprirono tutta l’Ucraina”.

Sarebbe stato bello poter leggere queste straordinarie pagine, oltre che per la loro vividezza narrativa, come documento storico di un evento consegnato agli annali del passato, senza la tragica filigrana della nuova “guerra del grano” della Russia putiniana all’Ucraina e, stavolta, anche al mondo: soprattutto a quello più povero.

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