domenica 30 maggio 2021

Cosarelle: Il sogno di Eva

 


La sera prima, Eva era andata a dormire ancora ridendo per un film di intelligente ironia ed era subito scivolata in un sonno quieto. Ma quando riaprì gli occhi aveva ancora la sgradevole sensazione del sogno: vetri in frantumi tra le dita dei piedi. Nei giorni precedenti, aveva sognato che le era stata rubata la macchina e, prima ancora, la stessa macchina incidentata. Perché il suo inconscio la riportava a un tale senso di fragilità, in giorni in cui si avvertiva relativamente tranquilla dopo mesi angosciosi?

Era propensa a ritenere che i sogni – che raramente ricordava – parlassero del passato più che del futuro: avrebbe voluto, ora, esserne certa, non avvertire la sottile inquietudine di una reiterata premonizione di guai.

La vita le scorreva davanti, come un piccolo fiume in cui confluivano quattro rivi. Fino a dieci anni o poco più, era stata plasmata da genitori e insegnanti; dai dieci ai venticinque si era progressivamente costruita, portandosi dietro, comunque, quel retaggio; nei successivi quaranta, aveva vissuto, nei limiti del carattere e delle circostanze, come voleva. Ora che i settanta erano ad un passo, le tornava – intermittente, ma forte – quel senso di fallimento che l’aveva, comunque, sempre accompagnata. Sarebbe bastato poco perché quella benedetta pallina, toccando il nastro, fosse caduta dal lato giusto segnando il punto decisivo. Non era accaduto: e non per caso fortuito, ma per il concretizzarsi di troppi limiti, di troppi errori. E così, dell’attesa stupita che allargava i suoi occhi di bambina non era stato realizzato abbastanza.

Che fare di fronte a quel non abbastanza che la invadeva di un dolore fisico, assoluto? S’abbandonava, talvolta, ad un istintivo desiderio di fuga, coltivando l’illusione di andare via, da se stessa e da tutti, di dissolversi, sparire. Altre volte si chiedeva se la disciplina della ragione potesse trasformare in espiazione la consapevolezza del proprio fallimento. Ma serpeggiava, piano, quasi impercettibile, una terza strada. Lasciar scorrere il passato; dialogare con gli errori, senza fare la lista delle perdite e dei vuoti; riparare il presente; stupirsi d’ogni gemma di nuovo inizio.

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