lunedì 22 marzo 2021

Strega 2021: la narrativa senza uomini

 


Tra i dodici semifinalisti dello Strega mancano almeno due libri che, al Premio, avrebbero dato lustro: Il popolo di mezzo di Mimmo Gangemi (Piemme) e Bianco è il colore del danno di Francesca Mannocchi (Feltrinelli). Determinata solo da poteri e giochi editoriali, immagino, anche l’assenza di Un’amicizia di Silvia Avallone (Rizzoli) e di Questo giorno che incombe di Antonella Lattanzi (HarpreCollins).

Dei libri rimasti in gara – scritti in maggioranza da donne (e alcuni molto belli)  – ne ho letti alcuni (non tutti). Non esprimerò le mie preferenze (Nisida fa parte della giuria che sceglie il vincitore dello Strega giovani), ma c’è un aspetto su cui sarebbe il caso di porsi qualche domanda.

Spariti o quasi i libri che affrontano i grandi temi esistenziali, sono pochi quelli che si occupano di grandi tematiche storico-sociali. Tutto o quasi si incentra sull’individuo, il microcosmo, la casa. Per più di un testo, più che la definizione di romanzo sarebbe appropriata quella di memoria, confessione, autobiografia. Ma, anche nell’ambito del personale, ci sono grossi vuoti: si pubblica parecchio di madri e di madri e figlie. Sembrano spariti o in via di sparizione gli uomini: padri e figli.

Ora – se è gran bella cosa che ci siano tante donne protagoniste – che la narrativa italiana che si ritiene di poter premiare non parli sufficientemente di uomini è un sintomo che andrebbe indagato a fondo.

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