Ho qualche dubbio sul fatto che La figlia unica di Guadalupe Nettel, edito da La Nuova Frontiera, sia, come ho letto da qualche parte, un capolavoro letterario. Ma sono pronta a firmare che è, senza dubbio, qualcosa di (forse) meglio: è un libro necessario. Perché entra nella carne viva di una narrazione, quella sulla maternità – in questo caso, la maternità rifiutata, quella cercata, quella vicaria, quella costretta ad affrontare il dramma di una bambina col cervello poco formato e di un bambino traumatizzato dal padre – che, di fatto, è solo all’inizio. E solo da poco sta uscendo dall’ideologia per fare i conti con la realtà.
Sebbene ci sia tantissimo ancora da fare, al presente, il dibattito “reale”, quello che mette in discussione gli incerti equilibri della nostra società, non è la presenza delle donne nel pubblico.
In Italia, ci metteremo qualche anno in più: ma avremo anche noi, un giorno o l’altro, una Presidente del Consiglio o una Presidente della Repubblica, come abbiamo presidenti donne di Regioni e sindache. Di fatto – anche in un clima che comprende buone dose di misoginia e di svalutazione delle donne – tutti sanno che potranno trovarsi davanti un medico donna, un giudice donna, un professore universitario donna e così via.
Qui si aprirebbe un discorso ampio. Se si esclude un breve periodo del Novecento in cui le donne della media borghesia sono state “l’angelo del focolare”, e, naturalmente, le nobili (ma, in quel caso, anche i nobili), tenute lontane dal lavoro (quello fuori casa, pagato, anche se, magari molto male), le donne hanno, in realtà, sempre lavorato: e tanto.
Se vado indietro nel tempo, le mie ave sono state contadine, artigiane, operaie: hanno faticato e prodotto più di me. La differenza sta nella scolarizzazione: io ho potuto studiare e il mio lavoro non è stato solo o soprattutto il contributo alla “sopravvivenza” della famiglia, ma, prima di ogni altra cosa, l’inveramento di anni e anni di studio.
Ed è chiaro che l’entrata in massa di donne scolarizzate porterà sempre più donne a ruoli di primo piano, compresi quelli in cui si esercita il “potere”: politico, economico, giudiziario, culturale, sociale.
In questo processo, quello che è cambiato alla radice è il rapporto con la maternità: da destino biologico a scelta.
E questa scelta – non il lavoro che è diventato cosa ovvia e neppure la carriera, difficile ma possibile – che rappresenta, oggi, il bivio esistenziale di ogni donna.
Guadalupe Nettel lo racconta con grande incisività, in maniera molto piana, con uno stile da buon giornalismo narrativo: e ti inchioda alla lettura e alla riflessione.
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