A scuola – nell’aula
grande dove
ti piaceva discutere –
avevi il pallore affilato
di chi è lavorato dentro
-come pasta più volte
impastata-
dal fuoco della scelta
più difficile:
ri-costruirsi.
Modi rispettosi sempre,
ma negli occhi lampi
di battaglia: il piatto
stracolmo
delle malvagità subite,
piccola porzione
dei mali del mondo, il
piatto ormai
intollerabile degli errori
tuoi:
e, in mezzo, i pesi da
scegliere
per ribaltare, nella tua
giovane vita,
gli uni e gli altri:
l’orgoglio, la voglia di
vita nuova,
il riconoscerti un’intelligenza
altra,
la forza di affrontare
la fatica delle scale da
salire,
delle porte da varcare,
delle montagne da scalare
quelle intorno, quelle
dentro di te:
il coraggio d’abitare la
solitudine
del cambiamento.
Nel bel locale dove
lavori,
-ma studio pure, mi sono riscritto a scuola -
il sorriso aperto
e gli occhi sinceri,
raccontano la tensione
d’apprendere, giorno dopo
giorno,
l’arte del diventare
-padre e madre di te
stesso -
l’uomo della tua attesa.
È buona la tua pizza,
sempre più buona
e lascia in bocca il
profumo
d’una possibile, semplice
felicità.
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