venerdì 14 dicembre 2018

A un ragazzo e alla sua pizza felice







A scuola – nell’aula grande dove
ti piaceva discutere –
avevi il pallore affilato
di chi è lavorato dentro
-come pasta più volte impastata-
dal fuoco della scelta
più difficile:
ri-costruirsi.

Modi rispettosi sempre,
ma negli occhi lampi
di battaglia: il piatto stracolmo
delle malvagità subite, piccola porzione
dei mali del mondo, il piatto ormai
intollerabile degli errori tuoi:
e, in mezzo, i pesi da scegliere
per ribaltare, nella tua giovane vita,
gli uni e gli altri:
l’orgoglio, la voglia di vita nuova,
il riconoscerti un’intelligenza altra,
la forza di affrontare
la fatica delle scale da salire,
delle porte da varcare,
delle montagne da scalare
quelle intorno, quelle dentro di te:
il coraggio d’abitare la solitudine
del cambiamento.

Nel bel locale dove lavori,
-ma studio pure, mi sono riscritto a scuola -
il sorriso aperto
e gli occhi sinceri,
raccontano la tensione
d’apprendere, giorno dopo giorno,
l’arte del diventare
-padre e madre di te stesso -
l’uomo della tua attesa.

È buona la tua pizza, sempre più buona
e lascia in bocca il profumo
d’una possibile, semplice
felicità.

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