Se d’inverno aspetti
qualcuno, provi a creargli calore intorno: i termosifoni accesi, le coperte sul
letto, un buon brodo fumante. Lo sento così l’Avvento: l’anima
che si fa tepore di un grembo accogliente.
È tempo privilegiato , questo, di
quelli che, nel Rosario, si chiamano Misteri gaudiosi e che, di fatto, hanno a
che fare con la vita delle donne: cristiane, credenti in altre fedi,
indifferenti alla religione, orgogliosamente atee: lo stupore della gravidanza
(sempre, verginale, frutto sì d’una coppia ma che sempre la trascende), la
meraviglia della nascita, il riconoscimento che un figlio è gioia suprema ma
anche la spada che potrà distruggere ogni tua felicità, la consapevolezza che
un figlio è altro da te e la sua vita avrà un percorso che non ti appartiene.
Sul secondo dei Misteri gaudiosi (la
visita di Maria a Elisabetta, l’anziana parente, anche lei in attesa di un
figlio), quand’ero piccola mi avevano insegnato – e così ho pensato anch’io per
lungo tempo – che la vicenda sottolineasse il ruolo di servizio di Maria e
richiamasse i credenti ad un identico ruolo.
Da qualche tempo, mi piace coglierne
un altro aspetto. La giovane Maria, che sta affrontando una scelta voluta ma
che se sente più grande di lei, trova il silenzio e le parole di cui ha bisogno
in un’altra donna: non la madre, ma una parente-amica con cui può confidarsi e
trovare conforto e sostegno. Me le immagino in un cortile, con Elisabetta che
fila e Maria che le porta l’orcio con l’acqua fresca da bere: un’intimità di
sguardi, di tenerezze, di scambi, tra chi ha l’esperienza dell’età e chi dell’età
ha la forza.
Penso che una ragazza che può
fidarsi di una donna adulta è molto fortunata.
Piccolo racconto d’Avvento. Nonno
prepara il presepe. Mette Madonna e San Giuseppe nella grotta e il bambino,
fuori, rivolto a chi guarda. Arriva la nipotina, tre anni, guarda con molta
attenzione, poi gira al contrario il Gesù Bambino. Il nonno prova a rimetterlo
a posto, ma la bambina è ferma: “Il bambino non può guardare da qui. Deve
guardare la madre.”
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