sabato 30 luglio 2016

Il canto incongruo





Sette del mattino. Strada del mare.

Lo sguardo seleziona poche immagini.

Solitaria, con l’Etna come orizzonte, sull’acqua trasparente si dondola una barchetta.

L’aria è quella dell’alba, fresca, col venticello che porta profumo di gelsomini e senso di pace.

La luce è intensa – da queste parti il sole nesci cantandu (esce cantando) – tanto da ferire gli occhi da poco svegli e illudere che la giornata sia già avanzata.

Una ragazza, sola in una caletta, si è organizzata tutto per il manicure e si sta passando lentamente lo smalto.

Un gruppetto di donne, di diversa età e corporatura, camminano: l’intenzione, forse, sarebbe quella di fare jogging, ma, oltre questo passo dopo passo, non ce la fanno.

Una signora in maglietta e pantaloncino corto – che lascia indifferente alla vista un’annosa cellulite – sta riassestando la terra nei vasi davanti al suo portone. 

L’ho appena superata quando mi raggiunge il suo canto.

“Ma quando si fa sera….”
Incongruo e stridente in tutto questo silenzio, in questa pace mattutina.

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