Per
molti anni, nel corridoio che porta alle aule di Nisida c’è stato un poster. Il
volto – intelligente, austero, familiare – di Eduardo de Filippo con una delle
sue più celebri battute: Addà passà ‘a
nuttata. (Lo so che Eduardo ha scritto: Ha
da passà ‘a nuttata: ma sul poster era scritto nel modo che ho riportato)
Il
poster l’aveva pubblicato l’Unità
dopo la morte del grande autore, avvenuta qualche settimana dopo del mio
ingresso a Nisida come insegnante, ma il logo del giornale, su quel corridoio,
non appariva: giustamente, ché quella immagine apparteneva davvero a tutti.
Qualche
ragazzo l’aveva pure visto Eduardo, l’anno prima, quando, con gli occhiali chiari a
sinistra e scuri a destra, era venuto a vedere l’inaugurazione del laboratorio
di scenografia, aveva assistito ad una rappresentazione teatrale ed aveva
abbozzato il disegno di quello che sarebbe divenuto il Teatro Eduardo de Filippo dell’Istituto. Tanto che, quando
cominciai a lavorare sulla scrittura come racconto delle loro
idee, esperienze ed emozioni, l’indimenticabile E. F. – un ragazzo che di errori
d’ortografia ne faceva a bizzeffe ma riusciva a produrre versi che, talora, mi riecheggiavano
Leopardi – scrisse anche una poesia per Nonno
Eduardo.
Il
poster rimase in quel corridoio, anche se fu ad un certo punto spostato di
posizione, almeno una diecina d’anni. Poi – un po’ perché s’era sbrindellato ai
lati, un po’ perché, ritinte le pareti, era sembrato troppo sciupato per rimettercelo,
un po’, forse, chissà, perché quella frase sembrava in qualche modo troppo
consolatoria – sparì.
Alla
vigilia del trentesimo anniversario della morte di Eduardo, quella frase scritta nel 1945 –
vista dalla parte dei ragazzi (dis)persi –
resta del tutto attuale.
Certo,
sono cambiate tant(issim)e cose. Ma Napoli (e non solo) fa crescere molto male troppi
suoi ragazzi. Argomento che la tristissima vicenda del Rione Traiano non ha ancora (ri)portato
al centro del dibattito.
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