Oggi ricomincia l’attesa del
Natale. Come ogni anno.
E, ogni anno, sembra sempre più difficile aspettare
qualcosa che non sia ulteriore disfacimento del mondo in cui viviamo, altri
dolori, altra stanchezza: l’avviarci sempre più alla fine: la fine della nostra
vita, la fine del mondo (o di un mondo).
Altro che letizia, fremito, ansia
del Bello, del Grande, del Buono che è già nella Storia e si ripresenta però
ogni anno a bussare alle singole porte: con le mani lievi di un Bimbo che
entrerà solo se quella porta verrà aperta, magari spalancata, forse appena socchiusa.
Qualunque sia il dolore che lo squarcerà,
avrà un po’ di pace e di luce chi - miracolosamente - riconoscerà nel Natale l’inizio e la fine,
anzi il fine, chi nel Bambino di
Betlemme vedrà il compiersi d’ogni promessa (di Dio) e d’ogni desiderio (umano) di Gioia.
Abbiamo perso la bussola e il senso della misura. Per volere strafare, siamo riusciti ad allargare il mondo ma senza rispettarne le proporzioni. Il risultato è una di quelle immagini sgranate in cui l'ammasso alterato dei pixel stronca verità e poesia, in un colpo solo.
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