mercoledì 5 gennaio 2022

Le pesche della signora Carla e le pizzette fritte della Tata

 


L’accento della signora Carla era più morbido e dolce di quello di tutte le donne che conoscevo e i suoi modi più distesi e pacati. Romagnola, era scesa nella nostra città per una breve vacanza e vi aveva conosciuto un uomo che, nato e cresciuto a pochi passi da casa sua, a Forlì, s’era trasferito a Reggio, per occuparsi di un’importante negozio di beni per ufficio, che faceva anche da cartolibreria. S’erano sposati e vivevano in una casa che, ad ogni ora del giorno, profumava di buono. Veniva, la signora Carla, da una famiglia con le mani in pasta ed era una cuoca sopraffina. Non credo ci fosse un dolce che, nelle sue mani, non diventasse un capolavoro di gusto e bellezza; la sua piccola pasticceria era più che squisita; ma dove raggiungeva un vertice ineguagliabile era nelle pesche, ovvero in quella sorta di goduriose bombe di crema e cioccolato, ricoperte di alchermes e zucchero, che si squagliavano in bocca lasciando stupefatti di tanta bontà. Ne abbiamo avute, in regalo, vassoiate, fin quando le due famiglie si sono incontrate. Poi, le malattie, le morti, tutto l’affastellato complesso di situazioni che passano sotto il nome di casi della vita hanno allontanato le nostre strade.

Oggi ho fatto le pesche. Che non credo d’aver mai osato fare. Cercavo un dolce – non dei soliti – da preparare per la Befana e, chiacchierando in questi giorni con mia madre, era venuto fuori che, tra i liquori, lei conservava una bottiglia di alchermes. È scattata una madeleine, per cui ne ho comprata una nuova e ci ho provato. E mi è tornata in mente la signora Carla, con la sua voce e i suoi occhi dolci, i movimenti gentili, la cortesia sincera: una delle tante persone che hanno dato gusto alla mia vita – e non solo al mio stomaco – e di cui non so più nulla. Così è successo anche per quella che chiamavamo Tata, anche se il suo nome era quello di una protagonista di un’opera lirica. Anche lei - veniva dal Sud America - aveva un tono di voce dalle cadenze dolci e modi vivacemente pacati. La sua vitalità, la sua generosità, la capacità di accogliere e accompagnare, quanta importanza hanno avuto nella mia vita? Che cos’erano i suoi pranzi di Vigilia, Natale Santo Stefano, se non pura perfezione?  Tra tutte le tante portate, le pizzette di scarola fritte: un equilibrio di aromi nel tripudio di una croccante leggerezza. Dove sei Tata? Come stai? È possibile che, nel vento sottile che scuote i nostri pensieri, tu abbia avvertito che, ancora, ti voglio bene?

1 commento:

  1. Profumi, sapori, persone del nostro passato.....
    .....nutrimento per l'anima!
    Buon anno!

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