sabato 19 giugno 2021

Leggere a Sud. Ovvero come aggiungere vita alla vita

 

«Protagonisti coccolati nelle piazze ma grandi assenti nelle case. Il rapporto tra le regioni del Sud e i libri risulta schizofrenico. Negli ultimi dieci anni festival, rassegne e premi (spesso in concomitanza con le vacanze estive e con formule che mescolano arte e spettacolo) hanno puntato sul libro per potenziare l’offerta del territorio e per provare, in alcuni casi, a riscriverne l’immagine. Con la spinta della piccola e grande editoria, e il sostegno di fondi pubblici e privati, gli organizzatori sono riusciti ad imporre nel panorama nazionale realtà come il Salerno Letteratura (Salerno), il Taobuk (Taormina) il Libro possibile (Polignano a Mare), Trame Festival (Lamezia Terme), il festival Leggere&Scrivere (a Vibo Valentia, nominata capitale italiana del libro 2021). A riprova dell’esistenza di competenze e passioni. Un attivismo, però, al quale fanno da (amaro) controcanto le statistiche: la vitalità “festivaliera” non ha inciso infatti neppure di un solo punto percentuale sul drammatico rapporto tra il Sud e la lettura. In Campania come in Calabria, in Sicilia come in Puglia, i libri che vengono presentati nelle piazze affollate raramente finiscono nelle librerie delle case. Perché nelle case una libreria, spesso, non c’è. La circostanza non dovrebbe sorprendere nessuno. I rapporti dell’Istat sulla lettura in Italia raccontano da un ventennio la stessa cosa. Segno che il problema è strutturale e che le politiche per invertire la tendenza (se e quando ci sono state) sono state fallimentari. Partiamo dai dati più recenti: nel 2019 al Sud solo il 27% (persone con più di 6 anni) ha letto almeno un libro; nel Nord-est il 48%. E l’anno prima? Il 26,7% contro il 48,4%. Inutile cercare a ritroso segnali di un trend diverso: la disuguaglianza territoriale nella fruizione culturale è una delle costanti delle rilevazioni Istat. Una prova? Vent’anni fa (dati relativi all’anno 2000) il Sud era al 26%, il Nord-est al 45,2%. Praticamente quasi doppiati. Un gap che sarebbe semplicistico (come dimostrano i dati in controtendenza della Sardegna) ridurre solo a questioni di reddito. Livello di istruzione dei genitori, familiarità e accesso ai libri. Sembrano questi i tre pilastri che reggono la relazione con la lettura»

Così Francesca Chirico in un articolo intitolato Il Mezzogiorno d’Italia e la lettura: un rapporto schizofrenico pubblicato su SUDEFUTURIMAGAZINE che ha il merito di accendere una luce – oltre che su un’offerta culturale incapace di uscire da una bolla autoreferenziale e sulle persistenti difficoltà della scuola (nonostante l’encomiabile impegno di tanti) – sullo stato delle biblioteche cittadine: «Se ti va bene nel tuo comune ce n’è una, la troverai aperta ed accogliente, e incontrerai impiegati interessati che ti illustreranno i servizi (postazione internet, prestito on line, etc) e le iniziative (reading, premi, rassegne cinematografiche) che la biblioteca organizza per i ragazzi. Ne uscirai con la tessera in tasca e, chi può dirlo?, un biglietto per un destino diverso. I numeri, però, dicono che un quadretto così al Sud è abbastanza raro: nel 2019, delle 7.425 biblioteche pubbliche (statali e non statali) aperte al pubblico più della metà è al Nord (58,3%) mentre il Sud si attesta, invece, al 24,2%. Poche, dunque, ma non è questo il dato più grave. I dati su tessere e prestiti dicono, soprattutto, che le biblioteche del Sud hanno un “indice d’impatto” bassissimo (Istat, 2020). Tradotto: anche se ci sono, la gente non ci entra perché non sono seducenti spazi di comunità e luoghi di cultura, ma grigi uffici pubblici, e degli uffici pubblici hanno orari assurdi, carenza di servizi e personale inadeguato. Colpa del destino cinico e baro del Sud, passato da Pitagora all’analfabetismo? No, precise responsabilità di gestioni politiche e amministrative indifferenti al settore che, per sua disgrazia, si presta poco ad affollati tagli di nastri e richiede visione a medio e lungo termine (una dote non troppo frequente tra gli amministratori).»

Ho davanti agli occhi un doppio esempio. Uno negativo. Pellaro, quartiere sud di Reggio, trentamila abitanti, un centro civico – per fortuna adesso adibito a hub vaccinale – che, se la memoria non mi inganna, avrebbe dovuto ospitare anche una biblioteca: che non c’è. Come non c’è un teatro né una sala cinematografica. Uno positivo. MeMo, la Mediateca Montanari di Fano (60mila abitanti) che, quando ebbi la fortuna di visitare, mi sembrò un mondo meraviglioso: bambini, anziani, persone d’ogni età che, in ambienti accoglienti e in un’atmosfera serena, consultavano volumi, leggevano, avevano a disposizione internet, vedevano filmati, giocavano, discutevano. Un modo per costruirsi come singoli e, insieme, come collettività.


Negli ultimi anni, insieme a Giuseppe Laganà e grazie alla grande disponibilità di Eva Nicolò, dirigente scolastica dell’IC Cassiodoro-don Bosco, ho promosso il Pellaro Libri, incontri con autori dal titolo complessivo La Calabria si racconta. Il Pellaro libri si è svolto a costo zero, in maniera del tutto volontaria, senza alcun finanziamento, senza nessun gettone agli autori. L’analisi sulla presenza e l’interesse del pubblico (in estate arricchito dai “vacanzieri”) mi fin dall’inizio (im)posto riflessioni che – dopo la pandemia che (ne siamo o meno consapevoli) ha modificato e continuerà a modificare molti dei nostri approcci e percezioni – diventa più necessario affinare.

Sono sempre più convinta che, sebbene qualsiasi goccia possa essere benefica nell’arsura, offrire un palco (piccolissimo) ad alcuni autori, per quanto interessanti, senza una qualche ricaduta culturale sull’ambiente, rischi di essere solo un piacevole diversivo pomeridiano o serale. E che, soprattutto nei territori dove la scuola è l’unico, effettivo, presidio culturale, è intorno ed in integrazione ad essa che vanno esperiti progetti che hanno a che fare con i libri, la lettura, il relativo dibattito, i reading, le rielaborazioni mediatiche dei testi e quant'altro. Come esperienza che aggiunge vita alla vita, la estende ed approfondisce, la rende più bella e più umana.

NB Non mi riferisco a nessuno dei festival indicati.

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