Il voto per il Parlamento Europeo del 26 maggio è
di tale straordinaria importanza che sarebbe stato auspicabile, in questi mesi,
un appassionato dibattito. Che (fatta salva l’appassionata campagna di Carlo
Calenda e qualche discorso trascinante di Matteo Renzi e poco altro, per
esempio gli interventi di Irene Tinagli) non ho visto.
In pullman, per strada, al supermercato non ho
sentito pressoché nessuno, in queste settimane, parlare del voto e pochissimo
anche in più ristretti ambienti di lavoro e/o di conoscenti: non è un bel segnale.
Eppure siamo ad una svolta epocale. Io non ho
dubbi. Bisogna stare dalla parte di chi sa che l’Europa è la casa del nostro
presente e l’orizzonte del nostro futuro. Che nella nostra differenziata e comune
tradizione, nella nostra variegata e unitaria cultura, continuano a stare i
germi della civiltà che ci può fare protagonisti più umani della storia dell’umanità.
Ps: Dopo le elezioni, farò qualche considerazione sulle liste del Sud
Ps: Dopo le elezioni, farò qualche considerazione sulle liste del Sud
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