venerdì 25 maggio 2018

Eleanor Oliphant sta benissimo di Gail Honeyman




«Ho i capelli lunghi, lisci, castano chiaro che mi scendono giù fino alla vita, pelle chiara, il volto di un palinsesto di fuoco. Un naso troppo piccolo e occhi troppo grandi. Orecchie: niente di eccezionale. Altezza più o meno nella media… aspiro alla medietà.»

Eleanor Oliphant, trentenne, vive sola. Lavora (è una contabile molto coscienziosa), ma non ha vita sociale, nessun amico, nessuna attività oltre il lavoro. Non se ne lamenta, anzi ne è orgogliosa. Organizza la sua quotidianità in maniera meticolosa: l’acquisto di cibi (“mangime alimentare”), i programmi della radio, la telefonata settimanale con la madre, i fine settimana passati nel quieto obnubilamento (non ubriachezza) di qualche bottiglia di vodka, la cura di una pianta.

Diffidente, eccentrica, parla poco, ma, spesso, lo fa senza alcuna mediazione rispetto alla situazione o agli interlocutori con effetti involontariamente ridicoli, mantenendo sempre, però, una inattaccabile dignità.

«Sono sempre stata orgogliosa di cavarmela da sola nella vita. Sono l’unica sopravvissuta, sono Eleanor Oliphant. Non ho bisogno di nessun altro: non c’è una grande voragine nella mia esistenza, nel mio puzzle privato non manca alcun tassello. Sono un’entità autosufficiente. O almeno è quello che mi sono sempre detta. Ma l’altra sera ho trovato l’amore della mia vita. Quando è entrato in scena, l’ho capito e basta.»

Eleanor si prepara all’incontro con il musicista che, pensa, sarà l’uomo della vita: «Dovevo trasformarmi dall’interno verso l’esterno o lavorare dall’esterno verso l’interno? Compilai a mente una lista di tutte le modifiche relative all’aspetto fisico che avrei dovuto apportare: i capelli, i peli del corpo, le unghie (delle mani e dei piedi), le sopracciglia, la cellulite, i denti, le cicatrici… tutte queste cose dovevano essere aggiornate, valorizzate, migliorate.»

Scoprirà che la realtà è cosa diversa dall’immaginazione, ma non sarà più sola: nel frattempo, ha trovato un amico premuroso in Raymond, un tecnico di computer, collega di lavoro, e le sedute con una psicologa le consentono di liberarsi di un passato doloroso e, con esso, delle ferite che le aveva lasciato nel corpo e nell’anima.

Eleanor Oliphant sta benissimo di Gail Honeyman, pubblicato da Garzanti, caso editoriale dell’anno, è un libro profondamente austeniano. Non per la tematica – la solitudine spersonalizzata, vissuta come una scelta ma motivata da un difficile retroterra (parole dell’autrice in un’intervista) – ma per la luminosità di una narrazione lieve e profonda, seria e ironica, che sembra abbracciare il lettore, tenergli compagnia nell’anima.

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