venerdì 8 settembre 2017

Jane Austen e la persuasione delle amiche








Una verità universalmente riconosciuta… Scrittrici per Jane Austen, è una raccolta di sei racconti (Stefania Bertola, Ginevra Bompiani, Beatrice Masini, Rossella Milone, Bianca Pitzorno, Lidia Ravera) curati da Liliana Rampello nell’ambito delle commemorazioni del bicentenario della morte (18 luglio 1817) della scrittrice più grande di tutte.

La curatrice ha affidato alle sei autrici una frase dei sei romanzi della Austen «perché se la girassero fra le dita fino a poterla usare come pretesto per scrivere un racconto libero da ogni altro vincolo»: una sorta di gioco, per restituire alla Austen qualcosa del tanto che ciascuna ha ricevuto.

Se mai qualcuno mi avesse chiesto qualcosa di simile, avrei scelto una delle frasi di Persuasione sull’influenza che lady Russell esercita su Anne Elliot, spingendola a rinunciare al fidanzamento col capitano Wentworth. In buona fede, secondo convinzioni di buon senso condivisibili dal suo ceto sociale, lady Russell convince la sua giovane amica ad una rinuncia vissuta, da quest’ultima, non come «considerazioni prudenziali e meramente egoistiche», bensì «convinta di pensare al bene di lui più che al suo». Otto anni dopo, Anne, pur ritenendo d’aver fatto bene a sottomettersi al giudizio di un’amica considerata come madre perché «un forte senso del dovere non è una componente riprovevole del carattere femminile», non è più disponibile a farsi influenzare da alcuno: e l’autrice assicura a lei e al suo capitano il lieto fine.

L’influenza di una voce amica nella vita delle donne, – in buona fede, ma sbagliata e non sempre con lieto fine, seppure posticipato – mi sembrerebbe un bell’omaggio alla scrittrice cui torno di più, quella le cui parole sono la spalla su cui poggiare stanchezza e ritrovare sorriso.

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