lunedì 1 maggio 2017

Le madri di Brett Bennet







«All’inizio non ci avevamo creduto, perché si sa che alla gente di chiesa piace spettegolare. (…) tutti i buoni segreti hanno un sapore, prima di essere raccontati, e se avessimo aspettato solo un istante, giusto il tempo di assaggiarlo, avremmo sentito l’asprezza del segreto acerbo, raccolto troppo presto, rubato e passato di bocca in bocca non ancora maturo. E invece no. Rivelammo subito questo segreto aspro, un segreto iniziato la primavera in cui Nadia Turner si fece mettere incinta dal figlio del pastore e andò a risolvere la questione in una clinica di aborti giù in città.»

Nadia Turner, «diciassettenne bella, anzi bellissima, con la carnagione ambrata, lunghi capelli che sembravano seta, e occhi screziati di marrone, di grigio e oro», orfana di una madre che si è suicidata due mesi prima, abortisce il figlio frutto della sua relazione con Luke Sheppard, 21 anni, una promettente carriera nel football stroncata da un incidente di gara, che «serviva ai tavoli del Fat Charlie’s Seafood Shack, un ristorante vicino al molo rinomato per il cibo fresco.»

L’aborto segnerà le loro vite e influenzerà anche quella di Aubrey Evans, la ragazza che Luke sposerà. «Alla nostra età ne avevamo visti tanti di matrimoni, a dire il vero anche troppi. Matrimoni così noiosi che per poco non ci eravamo addormentate prima ancora che il ministro iniziasse l’omelia (… ) Ma questo matrimonio riaccese in noi la speranza. (… )  In lei (in Aubry, ndr) rivedevamo noi stesse, o comunque quelle che eravamo state, o comunque quelle che eravamo state un tempo. Ragazze che avevano percepito la scintilla iniziale di un amore lento.»

Le loro vicende – ed è questa la particolarità di Le madri di Brett Bennet, Giunti editore – è narrata da una sorta di coro greco costituito dalle donne che vivono gran parte della esistenza all’interno della congregazione della Upper Room Chapel, guidata dal padre di Luke. 

«Abbiamo provato ad amarlo, questo mondo. Abbiamo cercato di tenerlo pulito, abbiamo spazzato i pavimenti dei suoi ospedali, stirato le sue camicie, sudato nelle sue cucine e servito pasti nelle sue mense, assistito i suoi malati e accudito i suoi bambini. Ma il mondo non ci ha voluto, e così ce ne siamo andate e abbiamo donato il nostro amore alla Upper Room. (…) Non andiamo quasi più da nessuna parte, tranne che alla Upper Room. Abbiamo visto cos’ha da offrire questo mondo. Abbiamo paura di ciò che vuole.»

Organizzano attività caritatevoli e, soprattutto, pregano: «Non incessantemente, come esorta a fare san Paolo, ma quanto basta. La domenica e il mercoledì ci raccogliamo nella sala della preghiera, ci togliamo giacche e cappotti, lasciamo le scarpe fuori dalla porta e ci muoviamo a piedi nudi, scivolando un po’ per via dei collant, come bambine che giocano su pavimenti lucidati di fresco. Ci sediamo su sedie bianche disposte a cerchio al centro della stanza e una di noi infila la mano nell’urna di legno accanto alla porta, piena zeppa di bigliettini con su scritte le intenzioni di preghiera. E poi cominciamo a pregare. (…) noi non ci consideriamo un “esercito della preghiera”. Dev’essere stato un uomo, a inventarsi quella definizione – gli uomini pensano che se una cosa è difficile deve avere per forza a che fare con la guerra. Ma la preghiera è più delicata di un combattimento, soprattutto la preghiera di intercessione. Più che una semplice idea astratta, si tratta di caricarsi sulle spalle il fardello di un’altra persona, spesso di qualcuno che neanche si conosce. Chiudi gli occhi e ascolti l’intenzione. Poi devi scivolare dentro di loro, nei loro corpi. (…) Se non diventi loro, anche solo per un secondo, la preghiera non sarà altro che parole.»

Hanno accumulato molte esperienze di vita: «Se avessimo messo insieme la lunghezza delle nostre vite, saremmo risalite fino a prima della Depressione della Guerra Civile, persino dell’America stessa. In tutto quel vivere, ne abbiamo conosciuti di uomini. Oh, ragazza mia, abbiamo conosciuto anche qualche briciola d’amore. Quella briciola è come la goccia di miele che resta sul fondo del barattolo e ti addolcisce la bocca quanto basta a placare la fame. Ci siamo leccate i denti per gustare quell’ultima goccia il più a lungo possibile, e in quel nostro vivere, niente ci ha fatto sentire così affamate.» «Siamo state ragazze, un tempo. Per quanto possa sembrare incredibile. Oh, adesso mica si vede – i nostri corpi si sono allargati e afflosciati, faccia e collo ricadono flaccidi all’ingiù. È così che succede quando si invecchia. Ogni parte di te crolla, come se il tuo corpo si stesse avvicinando al posto da dove proviene e dove alla fine tornerà. Ma siamo state ragazze, un tempo, il che significa che abbiamo tutte amato un uomo di merda. Non c’è modo più cristiano per dirlo. Esistono due tipi di uomini al mondo: quelli veri e quelli di merda.»

Per questo, «se Nadia Turne ce l’avesse chiesto, le avremmo detto di stargli alla larga. Lo sanno tutti, cosa si dice dei figli dei pastori. (…) Luke Sheppard, spavaldo e sfrontato, con i suoi riccioli sottili, le spalle modellate dal football e il sorriso strabico. Oh, chiunque di noi le avrebbe detto di stargli alla larga.»

Quando cominciano a capire che cosa Nadia nasconde cominciano a diffondere il suo segreto per l’intera comunità.

«È stato solo dopo, a distanza di anni da quella prima voce a cui non avevamo creduto, che siamo riuscite a ricomporre i pezzi. Prima Betty dice che stranamente Nadia non si era mai offerta volontaria per stare con i bambini, neanche quando seguiva Aubrey Evans come un’ombra (…). L’ho capito subito, aggiunge (Agnes, ndr) ogni volta che si parla di Nadia Turner, l’ho capito appena l’ho vista. Riconoscerei tra mille una ragazza che ha abortito. Dopo che un segreto è stato svelato, tutti diventano profeti.» «In principio era il verbo, e fu il verbo a mettere la parola fine. La notizia si diffuse in neanche due giorni, grazie a Betty. In seguito ci disse che non era stata sua intenzione fare del male a nessuno. Sì, certo, aveva spifferato in giro informazioni personali e private, ma solo perché non si era resa conto di quanto fossero personali e private.» «La giovane Turner e il suo bambino indesiderato. Per giorni non riuscimmo a pensare ad altro che a quello, e anche se avevamo promesso di tenerci il segreto per noi, la verità trapelò ugualmente. In seguito ci incolpammo l’un l’altra, ma non riuscimmo a individuare chi era stata quella con la lingua più lunga. (…) In un modo o nell’altro eravamo tutte colpevoli, il che ci rendeva in realtà tutte innocenti.»

La diffusione del segreto ha un effetto devastante per la congregazione e, alla fine la Upper Room finisce col chiudere. 

Ma le madri non dimenticano Nadia: «… pensiamo ancora a lei. (…) Ormai ha l’età di sua madre. Il doppio di quell’età. Ha la nostra età. Sei nostra madre, Nadia. Ti cresciamo dentro.»

Le madri di Brett Bennet è un romanzo potente. L’autrice ha venticinque anni: non ci vuole molto a prevedere che sentiremo parlare molto di lei.

Nessun commento:

Posta un commento