martedì 25 ottobre 2016

Da Goro a Platì: l'importanza dei pastori








Cosa diranno i parroci di Goro, Gorino e dintorni nell’omelia della prossima domenica? 

(Il Vangelo sarà quello del peccatore Zaccheo che, pentito, dichiara che darà «la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto»).

Mentre un nugolo di abitanti del ferrarese – molto probabilmente cattolici, battezzati e sposati in chiesa – ha negato l’ospitalità a un gruppetto di profughi, 12 donne, di cui una incinta e 8 bambini, in Calabria, a Platì, un parroco presentava un ricorso contro la decisione di evitare i funerali pubblici a un presunto boss di ‘ndrangheta.

Si tratta di due avvenimenti profondamente diversi, qui legati da una domanda: quanto contano i pastori d’anime in un tempo così complesso?

Naturalmente – anche quando vengono ascoltati – non è che, ad un pastore santo corrisponda un santo gregge, ma avere dei parroci saggi è una gran cosa (soprattutto quando il gregge è refrattario e difficile da educare).

Quello di Platì non mi sembra all’altezza del compito. 

In Calabria – nella quotidiana realtà, non nei documenti, magari molto belli – ci sono ancora parrocchie che continuano a chiudere gli occhi di fronte alla ‘ndrangheta, a inchinarsi di fronte a suoi uomini.

E questo fa male, molto, sia alla Chiesa che alla società.

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