venerdì 24 dicembre 2021

La Pellarese: 'A cuddura

 


La Vigilia è il giorno in cui il paese tutto sa di olio fritto, aromatizzato di zucchero, di miele, di alici, di ricotta, di cavolfiore, di pomodori secchi. Ma, prima di impastare le crespelle, Cònsola andò a comprare ‘a cuddura. Perché Natale vuol dire petrali, ma anche cuddura. E, se nei petrali c’è la nostra agricoltura di un tempo, nella cuddura c’è un senso del sacro che, nell’esprimerla anch’essa, la trascende. ‘A cuddura – pensò Cònsola davanti al grande bancone di Paolo Malara – è come una culla che aspetta il Bambino, l’abbraccio caldo in cui i chicchi del grano falciato non muoiono, ma diventano vita. ‘A cuddura ha sapore di pane, ma di pane che si spezza nelle feste solenni, consolazione del dolore, allegria della festa: bocconi che nutrono gli occhi e l’anima, prima ancora che l’appetito.

Già il giorno prima, Cònsola aveva inviato alcuni auguri, personalizzando per ciascuno l’aggettivo, sereno, felice, lieto da affiancare al “buon Natale”. Le venne in mente che era stata una fatica inutile: l’unico augurio vero era: che per te (aggiungere il nome) sia Natale.

 

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