“Ce la fate a tenere chiusi
gli occhi per un minuto? Vi recito poche righe. Non provate a capire che dicono,
ma provate a capire come vi sentite voi mentre le leggo”.
Lo faccio ogni anno,
figuriamoci se no in questo suo duecentesimo compleanno. E che la mattinata non
sembra iniziata nel migliore dei modi – nulla di grave, ma c’è un di più di
nervosismo strisciante – non ci fa mutare programma.
Cambiano i ragazzi, cambiano
le situazioni, ma la reazione resta la stessa: l’Infinito crea pace, già solo a sentirne il suono.
Poi, proviamo a leggere e
spiegare parola per parola. A trovare il luogo che fa stare meglio ciascuno di
noi, l’idea che ognuno ha d’infinito. C’è chi dice che si sente più in pace a
mare, chi in montagna, chi a letto, la sera, chi guidando da solo, con un
rumore intorno che fa accompagnamento ai propri pensieri. Chi vede l’infinito
nella propria famiglia, nell’idea che si avranno dei figli e poi dei figli dei
figli, chi nella condanna che, magari, è di pochi anni, ma sembrano senza fine.
Parliamo di quello che è il
luogo più amato di Napoli: per moltissimi, Mergellina, per alcuni l’affaccio
sul golfo da Posillipo. Nell’elenco delle cose belle della città, ad un certo
punto, arriva anche il bosco di Capodimonte. Racconto ai ragazzi del Museo,
spiego che, dentro, ci stanno tanti quadri, antichi e moderni.
“Come si chiama, un luogo
che raccoglie tanti quadri?”. Non lo ricorda nessuno. “Pinacoteca – suggerisco –
E un luogo con tanti libri?” Questa è più facile, ne abbiamo una anche noi, e,
infatti, la risposta arriva: “Biblioteca”. Marianna, la mia collega, aggiunge: “E
una discoteca che cosa raccoglie?” Vincenzo non ha dubbi: “È un luogo che raccoglie
tanti ragazzi”.
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