Almarina di Valeria
Parrella, ambientato nel carcere minorile di Nisida, risuona delle suggestioni
e delle emozioni forti vissute dall’autrice nel corso della sua intensa partecipazione
a quattro anni del Laboratorio di Scrittura
dell’Istituto penale napoletano: anni in cui ha firmato tre racconti in
altrettanti nostri volumi (Fuori, Le
parole felici, La Carta e la vita) ed è stata coautrice con altri sei
scrittori, il collettivo I Nisidiani, del
romanzo L’ultima prova (Guida
editore). Di quest’ultimo, in particolare, Valeria Parrella riprende alcuni momenti
ed atmosfere, filtrando, nell’invenzione narrativa, quanto, in questi anni, l’ha
maggiormente colpita nei giovani ospiti e negli operatori di Nisida.
Sarebbe auspicabile che i
lettori di un libro di così sensibile valore letterario, che ai toni intimi intende
accompagnare un forte senso civile e politico, cogliessero che i problemi
fondamentali del carcere minorile, ancor più che nel durante, stanno nel prima
e nel dopo. Ovvero, in una
insufficiente attenzione preventiva alle difficoltà del crescere soprattutto in
certe condizioni familiari e ambientali e in una altrettanto insufficiente
capacità di reintegrare nel tessuto sociale e lavorativo chi dall’esperienza
del carcere vuole uscire in maniera definitiva.
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