giovedì 17 novembre 2016

La paranza dei bambini di Roberto Saviano




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- - Dobbiamo costruire una paranza tutta nostra. Nun amm’ ‘a appartené a nisciuno, sulo a nuje. Non dobbiamo stare sotto a niente. 

Tutti guardavano Nicolas in silenzio. Aspettavano di capire come avrebbero potuto emanciparsi senza mezzi, senza un cazzo. Nessun potere avevano, e i loro lineamenti da ragazzini sembravano confermarlo sopra ogni dubbio. Bambini li chiamavano e bambini erano veramente. E come chi ancora non ha iniziato a vivere, non avevano paura di niente, consideravano i vecchi già morti, già seppelliti, già finiti. L’unica arma che avevano era la ferinità che i cuccioli d’uomo ancora conservano. Animaletti che agiscono d’istinto. Mostrano i denti e ringhiano, tanto basta a far cacare sotto chi gli sta di fronte. Diventare feroci, solo così chi ancora incuteva timore e rispetto li avrebbe presi in considerazione. Bambini sì, ma con le palle. Creare scompiglio e regnare su quello: disordine e caos per un regno senza coordinate.
Roberto Saviano, La paranza dei bambini, Feltrinelli

Circa dieci anni fa, quando, a Nisida, abbiamo realizzato un progetto (il primo) con la cooperativa La paranza, messa su da don Antonio Loffredo alla Sanità, i miei alunni mi hanno spiegato che il termine, oltre al significato proprio di ordine marinaro, i pesci di paranza, loro lo usavano come sinonimo (anche se, certo, non hanno detto sinonimo, metafora) di gruppo, unione, ragazzi che si divertono insieme.

In questi primi mesi dell’anno scolastico, me l’hanno spiegato, invece, come gruppo di ragazzi che fa il macello; ragazzi che fanno guai; ragazzi spietati che fanno caos.

Per questo, se vivessi, che so, a Trento o a Ferrara, avrei probabilmente piacere a soffermarmi sull’ultimo libro di Roberto Saviano in quanto, appunto, libro: ritorno al mondo da cui è partita la sua indagine, ovvero parte seconda di Gomorra? Sceneggiatura pronta per la prossima serie di gran successo? Romanzo di de-formazione in qualche modo paragonabile, per contenuto e lavoro linguistico, ai Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini?

In effetti, il libro è molto bello, molto bella (e molto bene funzionerà sullo schermo) è la trasposizione letteraria della realtà, bellissimo l'uso di un dialetto insieme letterario e molto vicino a quello effettivamente parlato dai ragazzi 'e miez 'a via.

Ma, vivendo a Napoli (e lavorando a Nisida), vorrei, prima di ogni altra considerazione, che La paranza dei bambini accendesse adeguata attenzione (poche parole e molti fatti seriamente pensati) ai troppi Nicolas Fiorillo, detto ‘o Maraja, Pesce moscio, Dentino, Drago, Stavodicendo, Tucano, Biscottino, Briato’, Lollipop, Drone che così, in alcuni quartieri della città: ignorando “il mondo e i suoi segni”, capaci di “ascoltare solo e soltanto la propria volontà come oggettiva dimostrazione della giustezza del proprio agire.”

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