domenica 20 dicembre 2015

La felicità dell'Avvento





 
Illustrazione di Cecilia Latella


Se nucleo forte del cristianesimo è nel triduo pasquale, il periodo liturgico più lieto è l’Avvento. L’attesa del Salvatore, nei brani che vengono via via letti di Isaia, è tutta una musica piena di colori: non c’è pianta, animale, pizzo di montagna, angolo di mare, che non sia gravido di una pienezza che via via germoglia e fiorisce, portando a compimento il senso stesso del mondo e di tutti i miliardi di esseri umani e non che lo abitano e lo abiteranno dal suo inizio alla sua fine.

Amo l’Avvento, quel suo senso intimo di speranza, di luce che si fa più grande e vicina nella notte buia, di onda che vieppiù s’arrotonda prima di arrivare a riva, di calore che scioglie i nodi che l’intero anno ha intricato: la possibilità, ogni volta, di riprovare lo stupore del ri-nascere.

Felice chi anche oggi – ragazzo/a alle prese col non-lavoro, quasi anziano-a che non può andare in pensione, donna che si divide tra i problemi dei genitori vecchi e dei figli giovani, nel mondo confuso che ci ritroviamo a quattordici anni dalle Torri gemelle, con l’Europa inesistente, l’Isis minacciante, le centinaia di migliaia di immigrati cui non sappiamo dare risposte e le non poche brutture della Chiesa – felice chi anche oggi accoglie quel Bambino nella sua vita.

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