martedì 2 giugno 2015

I miei libri di maggio



I tre libri che mi sono piaciuti di più tra quelli letti a maggio sono:



Le mani della madre: Desiderio, fantasmi ed eredità del materno di Massimo Recalcati.

Forse c’è un po’ troppo di psicanalisi e di Lacan (d’altra parte l’autore è un psicanalista, lacaniano), ma le riflessioni di Recalcati vanno comunque al di là della psicanalisi. Emerge con nettezza la profonda trasformazione intercorsa negli ultimi decenni. Dalla donna che si realizzava nell’essere madre e viveva al solo servizio del figlio, espungendo da sé la donna, a quella che, per realizzarsi, abolisce in se stessa la madre. Il punto d’equilibrio auspicato, mi pare, è che la madre continui ad essere una donna e che, d’altra parte, la donna sia in grado di aprirsi al suo desiderio di maternità, in una dinamica continua di presenza-assenza rispetto al figlio.

Considerazione personale: La mia generazione, quella nata agli inizi degli anni cinquanta, è stata all’interno di una centrifuga epocale. È cresciuta quando le donne erano madri o non erano ed è diventata maggiorenne dopo il 68, quando la visione delle cose era cambiata, per diventare, a metà degli anni settanta, opposta. I figli da destino e ricchezza di vita, in meno di venti anni, sono diventati una scelta inquieta, in quanto potenziale pericolo di perdita di tutte le conquiste di autonomia e libertà sociale intervenute nel frattempo. Come sono cresciute le nostre figlie? Hanno trovato l’equilibrio tra il loro essere donne e il loro essere (almeno potenzialmente) madri?




Immagina di essere in guerra di Janne Teller  

Un libro contro la guerra, ma soprattutto un testo che abitua a mettersi, mentalmente, nei panni degli altri. Un cambio di prospettiva che è già in se stesso un metodo per costruire una società globalmente più giusta. Uno di quei (pochi) libri per ragazzi che viene subito voglia di usare in classe, magari facendone un percorso più specificamente adatto ai propri allievi.





Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli

Per quanto si tratti di un testo semplice, di una narrazione piana, non è che io abbia capito tutto (la fisica l’ho lasciata un po’ di ere fa, alla fine del liceo). Ma mi è piaciuto molto leggerlo, verificare come la scienza possa esserci così utile eppure essere così poco assoluta, ovvero essere sempre un’ipotesi che apre ad altre ipotesi. Per una reggina che considera lo Stretto uno dei beni immateriali più belli del mondo, quel primo capitolo in cui Rovelli spiega come ha capito la teoria della relatività osservando l’orizzonte dalla spiaggia di San Lorenzo è da incorniciare.

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