giovedì 5 marzo 2015

Il Regno di Emmanuel Carrère








A passare due-tre giorni in sua compagnia mi sentirei a disagio. Un uomo che si racconta decisamente narcisista, molto sicuro di sé, della sua intelligenza, dei suoi talenti, della sua ricchezza, della sua virilità, del suo successo.

Ma i tre giorni (il tempo libero dei tre giorni) che ho passato a leggere il suo libro sono stati pura bellezza: l’eccitazione di leggere parole antiche che suonano nuove, il cuore e la mente che si rinnovano. Una di quelle primavere che talvolta, molto raramente, capitano allo spirito quando le frasi bucano la pagina per entrare nella carne.

È da pochi giorni nelle librerie italiane l’ultimo volume di Emmanuel Carrère, Il Regno, edito da Adelfi e tradotto da Francesco Bergamasco (pp 428)

L’autore – che si definisce «uno scettico, un agnostico - nemmeno abbastanza credente da essere ateo», e che una ventina di anni fa ha vissuto, per circa tre anni, un’esperienza di fede che ha, poi, decisamente abbandonato, ma, evidentemente, non dimenticato – si dedica «da investigatore» all’aurora del cristianesimo. Ovvero, agli anni, pochi decenni, in cui la Chiesa si costituisce, grazie alla predicazione degli apostoli, all’azione di Paolo, alla redazione dei quattro Vangeli, quando l’annuncio del Regno, proclamato da Cristo nei suoi tre anni di predicazione comincia a diffondersi fino a raggiungere il centro dell’impero, Roma.

L’interesse da cui prende le mosse Carrère è di carattere storico, culturale, antropologico – com’è che tante persone, per il resto razionali, si chiede, credono a quanto detto da Gesù e predicato dalla chiesa? (cosa accaduta, peraltro, per una piccola fase, a lui medesimo– e, soprattutto, un interesse «da romanziere». 

Che monta, smonta e rimonta le parole del Vangelo, degli Atti degli Apostoli, delle Lettere di Paolo come uno scrittore che osserva, e ammira, la capacità inventiva e l’abilità narrativa di un suo collega. Perché, secondo Carrère, il cristianesimo è, soprattutto, quello che è stato scritto e, nel caso, inventato da Paolo e da Luca, l’evangelista autore anche degli Atti degli Apostoli.

Una ricerca che parte dal racconto dei suoi tre anni “da cristiano” e si svolge, poi, con un continuo rimando dalle vicende storiche di cui si narra a fatti e esperienze di carattere autobiografico. E con una serie di azzardati ma incisivi paragoni (si va da esempi riferiti al regime sovietico rimandi ai film di fantascienza e ai romanzi di Philip Dick) tendenti a far cogliere meglio l’assoluta “rottura”, la rivoluzione senza pari del messaggio cristiano.

Lo stile è piano, limpido, morbido, avvolgente.

C’è tanto, fin troppo, narcisismo disseminato in queste pagine (comprese le tre, quattro – non saprei con precisione, ho letto in e-book – sulla sua frequentazione di siti porno). Ma non mi è mai capitato di leggere un libro così bello sugli inizi del cristianesimo. 

Un libro non cattolico, non confessionale, non devozionale, non polveroso.

In cui Paolo, Luca, Giovanni sono persone autentiche, fatte di carne appassionata, di sangue che scorre caldo, di un’urgenza di narrare la loro esperienza che si è fatta la loro stessa ragione di esistere.

E la riscrittura che Carrère fa dei testi cristiani – riscrittura che, pure, fuoriesce spesso da quella che un teologo cattolico e un semplice fedele osservante potrebbero sottoscrivere – dà una spinta potente a intraprendere da se stessi un viaggio all’interno di quella storia.

(Che, nell’Europa indifferente di oggi, sembra avviata alla marginalità: è molto interessante che la superlaica Francia abbia da poco prodotto Sottomissione di Michel Houellebecq).

Insomma: un libro importante, che mi sentirei di consigliare anche (ai credenti) come lettura quaresimale.



Questa è la più bella recensione che ho letto su Il Regno. L’ha scritta Marina Valensise http://www.ilfoglio.it/articoli/v/125959/rubriche/libri-emmanuel-carrere-il-regno-miracolo-per-miscredenti.htm

Nessun commento:

Posta un commento