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giovedì 10 settembre 2015

La rinuncia di Scattone






«Con grande dolore ed amarezza ho preso atto delle polemiche che hanno accompagnato la mia stabilizzazione nella scuola con conseguente insegnamento nell’oramai imminente anno scolastico. Il dolore e l'amarezza risiedono nel constatare che, di fatto, mi si vuole impedire di avere una vita da cittadino “normale”. La mia innocenza, sempre gridata è pari al rispetto nei confronti del dolore della famiglia Russo. Ho rispettato, pur non condividendola, la sentenza di condanna. Quella stessa sentenza mi consentiva, tuttavia, di insegnare. Ed allora sarebbe stato da Paese civile rispettare la sentenza nella sua interezza. Ho sempre ritenuto che per essere un buon insegnante si debba anzitutto essere persona serena. Oggi, in ragione di queste polemiche, non ho più la serenità che mi ha contraddistinto nei dieci anni di insegnamento quale supplente: anni caratterizzati da una mia grande soddisfazione anche e soprattutto legata al costruttivo rapporto instauratosi con alunni e genitori. Ed allora se la coscienza mi dice, come mi ha sempre detto, di poter insegnare, la mancanza di serenità mi induce a rinunciare all'incarico per rispetto degli alunni che mi sono stati affidati. Così questo Paese mi toglie anche il fondamentale diritto al lavoro. Dopo la tragedia che mi ha colpito, solo la speranza mi ha dato la forza di andare avanti. Anche oggi vivrò con la speranza che un giorno la parte sana di questo Paese, che pure c'è ed è nei miei tanti ex alunni che in questi giorni mi sono stati vicini e nella gente comune che mi ha manifestato tanta solidarietà, possa divenire maggioranza».


Con questo comunicato all’Ansa, Giovanni Scattone* rinuncia alla cattedra. Non è un giorno felice per il paese. Che – in preda a luoghi comuni, a un incattivirsi del suo spirito, a ore alterne super garantista e giustizialista, insieme amorale e bigotto – si dimostra più arretrato della sua Costituzione.

È forse civile che una persona che ha pagato quanto la legge ha stabilito dovesse pagare debba rimanere ancorata a vita al suo reato? 

Se si spinge “per principio” una persona, che ha già insegnato “normalmente” per dieci anni da precario, fuori dalla scuola proprio al momento in cui entra in ruolo, quali circuiti di normalità potranno mai aprirsi per persone che escono da Nisida, da Poggioreale, da Secondigliano?


*Non conosco Scattone, ma l’ho intravisto una volta, ad un convegno sui giornali in carcere, organizzato a Firenze alla fine degli anni novanta. Aveva uno sguardo timido. Sofri, presente a quello stesso convegno, aveva occhi che non saprei che definire perforanti.