domenica 18 febbraio 2024

Microstorie: Il catecumeno

 

Nella chiesa che Anna di solito frequentava, le omelie erano di due specie: quelle del parroco la facevano tornare a casa più leggera, come se avesse respirato aria vivificante; quelle del viceparroco, banali, le annullava leggendo, nel frattempo, qualche omelia decente sul cellulare. Nella sua parrocchia, bisognava mettersi i tappi alle orecchie per un prete molto vecchio che considerava la chiesa preconciliare già troppo annacquata di modernità. C’era poi una chiesa in cui si fermava qualche momento ogni mattina dove, con le omelie, pur non ricavandone troppo bene, non si sentiva neppure troppo male. Ma, quella domenica, era entrata in una chiesa di strada e di orario di celebrazioni convenevoli a dei suoi impegni. Non la conosceva. Non era bella e neppure brutta, era però molto luminosa e ed era la messa per i bambini. Il Vangelo era composto di due frasi: lettura in chiara e distinta dizione, meno di due minuti. Omelia, oltre i venti. “Non vi muovete, non guardate il foglietto. Guardate me. Si ascolta prima con gli occhi e poi con le orecchie.” Chissà perché anche a bambini che hanno ormai superato gli otto anni ci si rivolge come ad infanti (etimologicamente: quelli che non sanno parlare, meglio: troppo piccoli per saper parlare): era tutto un suggerimento di parole: di- di- per diluvio, co – co per colomba e così via. Perché Dio manda la colomba? Ma perché la co-co, colomba è un vo-vo-volatile e Dio, nella Genesi, aleggiava sulle acque. Con tanto di gesto delle braccia. E Anna immaginava i bambini a vedersi questo gran signore con la barba bianca e la pancia prominente che volava sulle acque rischiando di precipitare nei gorghi. Comunque, l’omelia finì e Anna pensò che ormai la messa poteva proseguire senza intoppi. Alla preghiera dei fedeli, però – scritta dai catechisti o da chi per loro, non certo dai bambini – una ragazzina scivolò su catecumèni. Il parroco la riprese, seppure con tono dolce: Si dice catecùmeno. Poi, a voce sempre più tonante: “Tra voi c’è un catecùmeno perché non è stato battezzato e deve essere battezzato prima di fare la comunione. Voi siete catecùmeni? No, voi siete cristiani perché voi siete battezzati. Ma c’è il catecùmeno a messa? Voi catechisti dovete essere severi: se non viene a messa tutte le domeniche, io non lo battezzo e non farà la comunione. Come può essere battezzato se non partecipa alle catechesi battesimali? Tutte la liturgia quaresimale è catechesi battesimale.” Anna dovette mordersi le labbra per non replicare, a voce alta: “Immagino le profonde catechesi battesimali cui hanno partecipato i qui presenti bambini alla veneranda età di mesi tre, o cinque, o sei…” Stette zitta, ma la mente seguiva ormai il giovanissimo catecùmeno – chissà magari voleva fare la comunione perché in classe sua la facevano tutti, o la famiglia ci teneva solo alla festa al ristorante oppure aveva sentito di Gesù e voleva conoscerlo e la madre non voleva o non poteva accompagnarlo in chiesa la domenica. Ma soprattutto si rivoltava per i bambini che erano lì: autorizzati, loro già cristiani dall’alba della loro vita, a sentirsi diversi e migliori di lui.

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