mercoledì 25 aprile 2012




Il nostro 25 aprile arrivò in anticipo. E, come tante altre volte nella nostra storia, giunse dal mare.

Tra il marzo e il luglio del ‘43, Reggio e le zone limitrofe furono sottoposte a pesanti bombardamenti che provocarono migliaia di vittime. Già nel gennaio ‘43, ad Annà di Melito di Porto Salvo, era morto in seguito ad un’incursione aerea il vescovo di Reggio, mons. Enrico Montalbetti, di cui è in corso la causa di beatificazione. A luglio, l’aeroporto era ormai completamente distrutto. In tanti avevano cercato rifugio in zone più isolate, dove le bombe cadevano più raramente. Talvolta, guardando verso il mare, i bambini avevano un attimo di stupore – “Ma che sta perdendo quell’aereo?” – prima che le acque si sollevassero altissime. I vecchi dicevano che i piloti degli aerei americani erano italiani, forse calabresi, e cercavano, per quanto possibile, di risparmiare la loro terra.

All’inizio di settembre del ’43 i tedeschi se ne andarono. Nessuno li vide partire né in quale direzione: semplicemente non c’erano più. Don Giovanni – che, a luglio, dopo che due bombe avevano squarciato tutto il giardino dietro la sua casa trasformandolo in un’enorme fossa, aveva portato la famiglia a Macellari da sua sorella Mattia – s’alzò nella notte tra il 3 e il 4 per raggiungere il mulino dove si macinava in nero. Quando vide il mare formicolare di navi e zattere, s’avviò lesto verso la sua casa, temendo saccheggi. Nella rua trovò donna Consolata, sola, a guardia della propria. Suo marito era emigrato in America e non se ne avevano notizie, il figlio, era soldato a Roma. “Non potete restare qua sola, venite con noi”. Ma già un anfibio americano – per tutta la giornata sbarcarono soldati, bianchi e neri, inglesi, americani, canadesi – aveva cominciato a girare tutte le contrade e un soldato, con accento straniero ma in italiano, ripeteva: “Non scappate. Non toccheremo né donne né bambini né proprietà”.

Non disse ma si capì subito che, con loro, era finita la fame. Quel giorno stesso arrivarono pane bianco, gallette, carne in scatola, e ogni ben di Dio.

Nei due giorni successivi, tutti tornarono nelle loro case. I bambini andavano verso la caletta di Canale, dove c’era un presidio angloamericano, portando bidoni, con dentro un litro di vino e quattro d’acqua e gli americani a ubriacarsi e distribuire, oltre i beni necessari, tavolette come scatole luccicanti che nessuno lì aveva ancora visto: cioccolato.

Fu l’inizio di un’altra storia, anche se nei mesi seguenti fin laggiù sarebbero arrivati gli sfollati di Cassino, a ricordare che la guerra non era finita. Donna Consolata non l’avrebbe dimenticato comunque. Dopo l’otto settembre, suo figlio andò verso Nord, a fare il ferroviere-partigiano e ci sarebbe voluto ancora tanto tempo perché arrivassero due lettere, una dall’America e una da Brescia a ridarle fiato.

Ci furono inattese felicità. Tra i soldati americani c’erano molti compaesani. Ciccio, il figlio della zia Nicolina, che se lo vide improvvisamente a casa, sconvolse tutti con la noncuranza da ricco con cui gettava le sigarette fumate a metà. A Lucia tornò il marito. La quasi decenne figlia, nata dopo la sua partenza per l’America, si spaventò molto quando la madre le disse che quell’uomo era il suo papà e se ne andava scappando, nascondendosi alle sue carezze. Ma, poi, insieme lo raggiunsero negli Stati Uniti. Come accadde ad altri figli che allo stesso modo ritrovarono i padri.

Il federale – fascista della prima ora, grosso proprietario di terre, che viveva in un vallone che aveva il suo cognome – perse il suo titolo. Ma come l’avevano rispettato prima, continuarono a rispettarlo anche dopo. Nessuno, neppure i suoi coloni, si lamentarono mai di lui. Si cominciò a parlare di sindaco, di partiti.
Si tornò a lavorare. La stagione fu carica di mandorle e di olio. Le unghie degli indici consumate dalla raccolta, per ore e ore, delle olive: una benedizione. E anche se l’olio bisognava darlo all’ammasso, si cominciava pure a vedere qualche lira.

La nostra Resistenza fu ricominciare. Daccapo. Da soli. Prima di tornare ad essere, di nuovo, uno Stato. Migliore.


La foto è tratta dal gruppo Fb Calabria... i mille volti di una regione meravigliosa. Grazie.

Nessun commento:

Posta un commento