sabato 1 marzo 2025

Ucraina ed Europa: un destino comune

 

Con l’osceno (in senso proprio: non guardabile) trattamento riservato ieri dal presidente americano e dal suo vice (che meriterebbero tutte le male parole possibili) a Zelensky si chiude, per l’Occidente, la fase storica iniziata a Yalta. Fase che, con tutti i limiti, gli errori, e qualsivoglia mancamento o anche colpa, ha consentito agli Stati Uniti la leadership mondiale e all’Europa occidentale di vivere ottanta anni di pace e di benessere.

Oggi l’America ha la faccia di un usuraio che per arroganza, pretese e modi non ha nulla da invidiare a un gangster, a un capo mafia, a un boss criminale. E l’Europa è, e soprattutto si avverte troppo debole per prendere davvero della realtà: che è sola, stretta tra due nemici, la Russia di Putin e l’America di Trump, con la Cina sullo sfondo pronta ad approfittare dagli eventi. In Europa, insieme a molta stupidità e una miopia che rasenta la cecità, circolano e hanno ruoli di vertice troppi ignavi pronti a tirare i remi in barca, a fare da vassalli al feudatario di turno, piuttosto che assumersi la responsabilità del nostro futuro.

Quanti vorranno e sapranno far seguire alle affermazioni di vicinanza all’Ucraina e a Zelensky – il minimo che si poteva fare ieri, ma cui la nostra presedente del Consiglio si è sottratta (Ponzio Pilato da noi va per la maggiore) – un sostegno reale, necessario soprattutto ora?

Eppure, in questi ultimi tre anni – e mai come da ieri – il destino dell’Ucraina e quello dell’Europa viaggiano insieme.

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