venerdì 21 febbraio 2025

Per Zelensky e per l'Ucraina

 

Quando, tre anni fa tra qualche giorno, la Russia ha attaccato l’Ucraina, la mia prima reazione è stata: piangere. Mi sono rivista davanti agli occhi i carri armati a Praga nel 1968 – uno dei dolori “pubblici” più grandi della mia vita – e ho pensato che, forse, entro pochi giorni, magari ore, tutto si sarebbe concluso nel peggiore dei modi. La reazione di Zelensky in un contesto in cui Mario Draghi era presidente del Consiglio in Italia mi ha fatto sperare che l’Unione Europea, finalmente, trovasse lo scatto necessario per diventare quello che avrebbe già dovuto essere. Ora, con il tradimento americano dell’Ucraina, con l’Europa, debole e schiacciata tra due fascisti, Putin da una parte e Trump, il suo megafono, dall’altra (in un mese di presidenza è già riuscito a dimostrarsi ancora peggiore del suo alter ego russo) e con al vertice del governo italiano un’ammiratrice di Trump, le prospettive sono tutt’altro che rosee.

L’Europa riuscirà a Svoltare, ora che dovrebbe essere evidente a tutti che o svolta o è spacciata per sempre? Non c’è Mario Draghi al posto di Ursula Von der Leyen: e basta questo dato a evidenziare che l’impresa non è semplice.

Ma, oggi ancora è comunque, un giorno di celebrazione. Celebrazione dell’eroismo di Zelensky e del suo popolo. Se l’Europa riuscirà a darsi una mossa – se il vero tornerà a essere distinto dal falso, la ragione dal torto – bisognerà essergli grati per sempre. Come ad Adenaur, a de Gasperi, a Schuman e a tutti quelli che hanno lavorato perché il nostro continente diventasse una comunità di popoli.

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