martedì 9 novembre 2021

Se la liturgia è opaca

 


Manuel Belli, teologo e sacerdote della diocesi di Bergamo, ha scritto un libro intitolato L’epoca dei riti tristi, edito da Queriniana. Non ho letto il libro, solo la recensione che ne fa Avvenire a firma di Roberto Righetto. Anche se il testo affronta un ambito più ampio, “il discorso riguarda in particolare la celebrazione della Messa domenicale, spesso contrassegnata da banalità e sciatteria se si pensa alle omelie, e tutte le altre le funzioni, dai battesimi ai matrimoni ai funerali”.

Come si fa a non essere d’accordo?

Faccio parte della minoranza che si dice cattolica che frequenta abitualmente la messa domenicale. Capita, talvolta, che la presenza di un prete dotato di particolare intensità o un qualche personale dolore o gioia dia alla celebrazione il senso del sacro. Il più delle volte, invece, si tratta di un tempo scipito.

Naturalmente, ognuno sente a modo proprio e, accanto me, c’è chi vive quello stesso tempo con una pienezza che io non avverto. Ma, al di là del limite mio, penso che la liturgia attualmente risulti opaca: non è capace di rispecchiamento.

Non credo che la risposta sia nel ritorno al rito antico. Le messe in latino della mia infanzia avevano una color di sacro più evidente – e reso plasticamente anche dall’officiante rivolto all’altare, a guidare la preghiera di tutti verso l’Altissimo – ma era un’epoca in cui il senso del sacro era più generalmente diffuso. In ogni caso, la bellezza del latino non vale la possibilità di capire quello che si dice e si ascolta.

Mi limito ad un punto. Nella messa attuale, c’è un eccesso di parole. Tre letture bibliche più un salmo dopo i riti d’introduzione e prima del credo e della preghiera dei fedeli (formule spesso lontane dalla comunità che le legge) uniti a omelie in buona parte di banalità da infimo programma tv quando non, e magari anche, sfiancanti per durata e a canti dal debole contenuto (oltre che da tappi alle orecchie): troppe, troppe parole.

E troppe parole equivalgono a vuoto: non quello del silenzio ricco di senso, ma quello senza senso.

Ho conosciuto un prete che diceva che quando un cattolico non si alza la domenica felice di andare a messa c’è qualcosa che non va. Ma, forse, non solo in lui, che qualcosa non va.

 

 

 

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