giovedì 9 giugno 2016

Dall'ultimo banco: la lezione di Lucetta Scarraffia







Dall’ultimo banco: la Chiesa, le donne, il sinodo di Lucetta Scarraffia, pubblicato recentemente da Marsilio è un saggio breve e denso, che meriterebbe d’essere discusso ampiamente negli ambienti cattolici pensanti (che non sono tantissimi: dentro e intorno alle parrocchie manca raramente, e meno male, un’attività caritativa, ma non si produce molta riflessione, il che vuol dire che raramente si riesce a dare senso all’esistente) e anche in quelli di donne, che continuano a pensare se stesse in relazione alla storia, al tempo presente e alla fede.

Il filo conduttore della Scarraffia è la convinzione che solo riconoscendo alle donne (donne che, peraltro, nell’ultimo mezzo secolo se ne sono ampiamente allontanate), il ruolo che loro compete (un ruolo più forte, pur senza intaccare il sacerdozio maschile) potrebbe (ri)trovare nuova vitalità un’istituzione irrigidita (imbalsamata?) in schemi che non parlano più al nostro mondo e, di conseguenza, diventata di fatto irrilevante per la maggioranza degli europei.

La parte più ampia della sua riflessione – che parte dalla dimenticanza che la chiesa ha della sua stessa storia (il che, per la Scarraffia, si identifica con la falsa percezione dell’identità come immobilismo, tradendo, in tal modo, la stessa Incarnazione, che avviene dentro la storia) – riguarda l’affermarsi, ormai da tempo, di teorie che negano e/o disconoscono la diversità maschio/femmina mescolandoli in un individuo indifferenziato, risultato di un’evoluzione culturale che esclude la biologia.

L’autrice, nettamente a favore di un’uguaglianza tra i sessi che tenga conto della diversità (una diversità che arricchisce sia la donna che l’uomo), innesta, sull’argomento, una serie di corpose riflessioni che, come già ho detto, meriterebbero, qualunque sia la propria opinione, un dibattito. Certamente, un dibattito nelle chiese, ma anche un dibattito tra le donne che si fanno domande sul loro essere: da dove vengono e dove intendono andare.

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